Al trabucco è una storia di famiglia, la famiglia Ottaviano.
Carlo, Rossella, Domenico e Vincenzo sono gli eredi e i testimoni del sogno di Mimì e Lucia: trasformare questo luogo di nuda roccia, fatto di pescate faticose e spaventosi fortunali, in un luogo di accoglienza e ospitalità in cui lasciarsi stupire da memorabili tramonti e succulente preparazioni culinarie.
Il nostro Trabucco ha quasi cent’anni. E da cent’anni, seguendo il tradizionale metodo “a vista”, viene utilizzato per la pesca al cefalo e al pesce azzurro. E ancora oggi, in certe ore del giorno, è possibile assistere a quei concitati momenti che seguono l’avvistamento della vedetta in equilibrio sull’antenna maestra: “Viijr!” (gira!) urla la vedetta e l’equipaggio spinge i due possenti argani e solleva la grande rete dalle acque ricolma del pescato del giorno.
Qui si cucina dal 1975, quando Mimì e Lucia, dal Canada tornarono a Peschici con l’idea di rimettere in sesto il vecchio trabucco di famiglia e partendo da un piccolo focolare domestico iniziarono a preparare piatti semplici e tradizionali da offrire ai primi ospiti e bagnanti che tutti i giorni si affacciano sugli scogli per osservare la pesca.
Al Trabucco, non è solo un trabucco: è un intervallo, una pausa, una fuga dell’anima, un approdo per viaggiatori, camminatori, esploratori e artisti. È quel posto in cui ancora è possibile ritrovare la lentezza, stupirsi alla vista di un endemismo, lasciarsi incantare da un tramonto e abbarbicare lo sguardo sulle scogliere sferzate dal maestrale. È quel posto che in qualche modo, senza saperlo, ti sei sempre portato dentro e poi un giorno per caso ci sei arrivato.